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Kids Projects 2003

What objects do children want? The most logical thing to do is to ask them and that’s what we did in 1996, organizing a workshop at an elementary school in Milan with the help of a team of animators.

For several years we had won over a growing number of people with objects that, although meant for adults, could also talk to children. Indeed, I believe that the success of these products — like “Gino Zucchino” by Guido Venturini, “Lilliput” by Stefano Giovannoni or “Diabolix” by Biagio Cisotti — was precisely due to the fact that they could speak to a generation of “new adults” ( or ““big kids”) who had grown up with the imagery of cartoons.

The result of the workshop conducted in the school in Milan was truly amazing: a huge, 10-meter-long roll of paper full of inventions, animated objects capable of impossible functions and with poetic qualities. With those drawings we had disembarked in a fantastic and surreal world, but one that was enormously stimulating from a creative point of view. That first experiment begat reflections and thoughts, giving rise to a further series of workshops organized in Argentina, Costa Rica, Japan and Korea. After these, we decided to design a family of objects intended solely for children.

The meeting with Reggio Children was instrumental in the development of our work. They helped us to define the way forward by identifying the functions that objects take on in the organization and practice of a child’s day. We decided to start by designing tableware, establishing the qualities and characteristics they should have. First of all, to interact with children’s imaginations and act as a go-between in a sensorial relationship with other objects. Beyond that — and most importantly — to communicate with light. In this way we came to think about objects that had, as an aesthetic feature, transparency and kaleidoscopic qualities. Utilitarian, daily objects with whom the children could improvise a relationship with the surrounding world, having been provided with the same quality of glass and with the poetry of light, broken down into a thousand colors.

I worked on this project together with Lorenza Bozzoli and Massimo Giacon. With Lorenza we concentrated on the splendor of the kaleidoscope, on the possibility of translating into plastic plates, bowls and cups the magic of decomposing light. With Massimo, we instead dedicated ourselves to the design of cutlery, recuperating research done on the animistic dimension of objects that had been developed in the early 90s with the Alessi Study Centre.

Having initiated the research to realize this first collection of objects, I began to think of other types: night lights, desk objects… It was a proposal from Rasch, a company specialized in the production of wallpaper, which allowed me to further broaden the scope of typological research. Again, it involved Massimo Giacon, with Marcello Jori, Miriam Mirri and Stefano Pirovano in the “Wall+Paper” collection presented in 2001. With Miriam Mirri, we later designed “Beba Light”, a small luminous being that keeps children company while they sleep. Between 2003 and 2004, again with Massimo Giacon, we realized the “Pig Pencil” sharpener and the pencil “Sebastiano”; in the same period, with Kim H. J. Mika, we created the clip holder “Dozi” during a workshop organized to KIDP Seoul.

If I look at the family of objects created from the first experiments developed with the children in Milan, I cannot help but see myself in the words of Vea Vecchi, Carla Rinaldi, Claudia Giudici, the educators of Reggio Children who shared with us the beginning of this adventure:

“Children as well as grown-ups have the right to enjoy beautiful things, in the same way as they do art. A right that must be exercised in day-to-day living. Art [...] is an experience, the perception of beauty on an almost daily basis, which takes place in the world, in life, and gives meaning and value to human existence. The aim of the research was grant this right to small children, also through the use of everyday utensils. [...] Everyday, parent and child can create a new story inspired by the interplay between the cutlery, whose shape is so evocative, and the shape and colours of the food - not to mention the aromas -which are multiplied by the kaleidoscopic effects created by the dishes and the glass. The very fact that we have adopted a light-hearted approach that reflects an awareness and sensivity to the taste and presentation of food, to pleasure as an ingredient of everyday life, to the social and convivial aspects of mealtimes and to dining as an expression of culture, indicates a ‘multifaceted’ approach to life and to reaching out other people”

Bruno Munari

Show Italian Language

Quali oggetti vogliono i bambini? La cosa più logica da fare è chiederlo a loro: è quello che abbiamo fatto nel 1996, organizzando un workshop in una scuola elementare di Milano con l’aiuto di un gruppo di animatori.

Da alcuni anni avevamo conquistato un numero sempre crescente di persone con oggetti che, sebbene pensati per adulti, sapevano parlare anche ai bambini. Anzi, credo che il successo di quei prodotti – come “Gino Zucchino” di Guido Venturini, “Lilliput” di Stefano Giovannoni o “Diabolix” di Biagio Cisotti – fosse proprio dovuto al fatto che sapessero parlare a quella generazione di “nuovi adulti” (o “bambini grandi”) cresciuti nell’immaginario dei cartoni animati.

Il risultato del workshop realizzato nella scuola di Milano fu davvero sorprendente: un enorme rotolo di carta con 10 metri d’invenzioni, oggetti animati capaci di funzioni impossibili e dotati di qualità poetiche. Sbarcavamo con quei disegni in un mondo fantastico e surreale, ma enormemente stimolante dal punto di vista creativo. Quel primo esperimento generò riflessioni e pensieri, dando vita a una serie ulteriore di workshop organizzati in Argentina, Costa Rica, Giappone e Corea, dopo i quali pensammo di affrontare il progetto di una famiglia di oggetti destinati esclusivamente ai bambini.

L’incontro con Reggio Children fu determinante nello sviluppo del nostro lavoro. Ci aiutarono a definire il modo in cui procedere, individuando le funzioni che gli oggetti assumono nell’organizzazione e nella pratica della giornata di un bambino. Decidemmo di iniziare dalla progettazione di oggetti per la tavola, stabilendo le qualità e le caratteristiche che avrebbero dovuto avere. Innanzitutto interagire con la fantasia dei bambini ed essere tramite di una relazione sensoriale con gli altri oggetti, inoltre – e soprattutto – dialogare con la luce. Pensammo così a oggetti che avessero come caratteristica estetica la trasparenza e la qualità del caleidoscopio. Oggetti d’uso con i quali i bambini avrebbero potuto improvvisare una relazione con il mondo circostante, provvisti della stessa qualità del vetro e della poesia della luce scomposta in mille colori.

Lavorai al progetto insieme a Lorenza Bozzoli e Massimo Giacon. Con Lorenza ci concentrammo sulla suggestione del caleidoscopio, sulla possibilità di tradurre la magia della scomposizione della luce in piatti, ciotole e bicchieri realizzati in plastica. Con Massimo ci dedicammo invece al disegno delle posate, recuperando la ricerca sulla dimensione animistica degli oggetti sviluppata nei primi anni’90 con il Centro Studio Alessi.

Avviata la ricerca per realizzare questa prima collezione di oggetti, iniziai a pensare ad altre tipologie: luci per la notte, oggetti per la scrivania… Fu una proposta proveniente dalla Rasch, un’azienda specializzata nella produzione di carte da parati, che mi permise di allargare ulteriormente l’ambito tipologico della ricerca. Coinvolsi nuovamente Massimo Giacon, insieme a Marcello Jori, Miriam Mirri e Stefano Pirovano nella collezione “Wall+Paper”, presentata nel 2001. Con Miriam Mirri, progettammo in seguito “Beba Light”, un piccolo essere luminoso che accompagnava il sonno dei bambini. Tra il 2003 e il 2004, di nuovo con Massimo Giacon, realizzammo il temperamatite “Pig Pencil” e il portamatite “Sebastiano”; nello stesso periodo con Kim H. J. Mika creammo il portafermagli “Dozi” durante un workshop organizzato al KIDP di Seul.

Se guardo alla famiglia di oggetti nati a partire dalla prima sperimentazione sviluppata con i bambini di Milano, non posso non ritrovarmi nelle parole di Vea Vecchi, Carla Rinaldi, Claudia Giudici, le educatrivci di Reggio Children che hanno condiviso con noi l’inizio di questa avventura:

“Il bello, così come l’arte, è un diritto del bambino come dell’uomo. Un diritto che va esercitato nel quotidiano: l’arte […] è esperienza, un’attività percettiva del bello pressoché quotidiana che si fa nel mondo, nella vita e che dà senso e valore all’agire umano. Riconoscere questo diritto al bambino piccolo, anche a partire dagli utensili del quotidiano, è stato l’obiettivo della ricerca […] Sarà così possibile costruire ogni giorno, da parte del bambino e del genitore, una storia nuova che nasce dall’incontro tra la forma delle posate, così evocativa, e la forma, i colori e gli odori del cibo, che si moltiplicano con le sfaccettature dei piatti e del bicchiere. Perché proprio un approccio giocoso, consapevole e sensibile al gusto e all’estetica del cibo, al piacere come qualità del quotidiano, alla socialità e convivialità del pasto, all’alimentazione come momento di espressione culturale, è un atteggiamento complesso di fronte alla vita e di apertura verso gli altri”.

Bruno Munari

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